Il Babyloss Day fa ancora molta paura.

Fa paura alle famiglie che vivono il lutto e fa paura alla piazza, perché non è facile esporre il proprio dolore e condividerlo in questo modo.

Eppure noi abbiamo provato a iniziare un cammino di sensibilizzazione, anche nella nostra città. C’è una specie di “vetro” tra noi e gli altri. Tutti ci guardano, dal vetro, mentre allestiamo il gazebo, mentre sistemiamo le candele per terra e mentre scriviamo i nomi dei bimbi sulle farfalle, ma non osano avvicinarsi, almeno fino a quando non arrivano i palloncini colorati.

Allora il vetro scompare! Molti credono sia una festa e vengono a chiedere cosa facciamo lì, e finalmente, ascoltano. Ed è così che tutto diventa reale, che il dolore assume la forma degli occhi lucidi di una donna che aveva perso suo figlio quarant’anni prima e che, fino a quel momento, si era sentita sola.

Questo è per me il significato di questa giornata, abbracciare le persone con le mani e con il cuore. E far volare i palloncini in modo che raggiungano, come dice il mio nipotino di sette anni, il parco giochi del cielo dove Ivan e gli altri bimbi stanno giocando.

Sabrina

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